Bullismo sulle lezioni online

                                                 BY ITALIAOGGI -
Skype si pratica una sorta di bullismo virtuale con cui quelli che hanno giocato di più ai videogiochi e quindi sono più tecnologici, zittiscono, togliendo il microfono e il video, i più deboli. I ragazzi sono esasperati e chiedono di tornare a scuola
Zoombombing: è il cyberbullismo che sta infettando le lezioni online. L'emergenza Covid-19 ha costretto a dirottare le lezioni sul web ma i docenti (e gli studenti) si trovano ora alle prese con le insidie della rete e un certo entusiasmo iniziale lascia il posto a non poche preoccupazioni. L'ultima indagine della polizia postale riguarda gli attacchi di hacker alle lezioni via computer su una piattaforma assai diffusa, Axios. Obiettivo dei bulli informatici: inserire durante le spiegazioni degli insegnanti inserti indesiderati, magari sconci, ma anche sottrarre momenti della lezione da utilizzare poi in vario modo sui social per sbeffeggiare docenti e studenti. «La nostra struttura è continuamente vessata da attacchi informatici da parte di hacker», dicono ad Axios. «I nostri sistemi sono sicuri ma l'enorme numero di accessi fraudolenti può bloccare il regolare accesso ai servizi». Il problema si pone per tutte le piattaforme: Zoom, Meet, Teams, Skype, riguardo quest'ultima una madre, Valentina, ha pubblicato sul web una testimonianza: «Su Skype alcuni alunni sanno come silenziare gli altri studenti e addirittura cacciarli via dalla classe, quindi si pratica una sorta di bullismo virtuale con cui quelli che hanno giocato di più ai videogiochi e quindi sono più tecnologici, zittiscono, togliendo il microfono e il video, i più deboli. I ragazzi sono esasperati e chiedono di tornare a scuola».
Il fenomeno è talmente diffuso che alcuni presidi hanno inviato mail agli studenti e ai genitori ricordando l'obbligo del rispetto della normativa vigente sulla privacy: «È assolutamente vietato estrarre e/o diffondere foto o videoregistrazioni relative alle persone presenti in videoconferenza e alla lezione online. La violazione delle norme comporta la responsabilità civile e penale in capo ai trasgressori ma anche a coloro che ne hanno la responsabilità genitoriale». Insomma, un richiamo anche alle famiglie affinché i loro figli nelle classi virtuali si attengano a comportamenti corretti.
Il sito Orizzonte Scuola annota: «Stanno emergendo certamente grossi problemi di sicurezza e privacy, ma anche e soprattutto criticità legate all'etica digitale. Attacchi di troll organizzati, con contenuti violenti, razzisti e pornografici nel bel mezzo di call di lavoro o chat personali fino ai tentativi quasi sempre riusciti di «buttare fuori» partecipanti di una call, in modo improvviso e violento». Dello stesso tenore è quanto scrive un altro sito specializzato, OggiScuola: «Mentre i professori ancora annaspano nella selva delle piattaforme gli studenti smanettoni li mettono al tappeto. Padroni del mezzo e dei segreti informatici hackerano con facilità la didattica».
Tra i tanti casi, quello della scuola media Settembrini di Roma costretta a sospendere per un po' l'attività didattica online e ad avvisare il ministero: durante una videolezione di inglese sono comparse immagini porno e violente. In un istituto di Napoli sono risultati iscritti a una classe alunni inesistenti, perfino Paperon de' Paperoni, e nella lezione di storia sono apparse scene della serie Netflix, La casa di carta. In Liguria i presidi hanno ricevuto una nota del dirigente dell'Ufficio Scolastico, Loris Perotti: «Giunge segnalazione di diversi e ripetuti atti di disturbo e interferenza compiuti da parte di studenti estranei alla classe o addirittura al mondo scolastico». Mentre a Pavia il preside dell'istituto Luigi Cossa ha redatto un «avviso agli studenti»: «Purtroppo si sta diffondendo il fenomeno dello zoombombing, riconducibile alla diffusione abusiva delle credenziali di accesso che consente a terzi non autorizzati di introdursi nella lezione e disturbare con contenuti talvolta offensivi o pornografici. Lo zoombombing è un reato (interruzione di pubblico servizio) e chi diffonde abusivamente le credenziali di accesso potrebbe rendersi responsabile di concorso o favoreggiamento di quel reato».
Solo a marzo sono state 278 le segnalazioni arrivate alla Fondazione Carolina (fondata da Paolo Picchio, in nome della figlia Carolina, prima vittima riconosciuta di cyberbullismo) relative a fenomeni di bullismo nella didattica online svelando una faccia della medaglia se non inaspettata sicuramente sottovalutata per quanto riguarda l'insegnamento attraverso la rete: da apprezzamenti, insulti e foto (carpite durante le lezioni) ritoccate, fatte circolare in gruppi WhatsApp, agli insulti anonimi rivolti ai docenti con intrusioni durante l'attività didattica, fino all'inserimento improvviso di spot esplicitamente a contenuto sessuale. Dice Picchio: «C'è addirittura un gruppo in Telegram che per non lasciare dubbi sulle proprie intenzioni si intitola: Assaltiamo le videolezioni, e spiega: Se hai un link per la videolezione mandalo, ci pensiamo noi e buona visione. I ragazzi si scambiano così i link delle proprie aule virtuali per disturbare insegnanti e compagni». Aggiunge il segretario generale della fondazione, Ivano Zoppi: «Quello di cui si viene a conoscenza è solo la punta di un iceberg che continua a crescere e ad avanzare indisturbato nonostante la costante convivenza tra genitori e figli. Il branco si concretizza anche tra le pieghe del web».
L'allarme si basa su dati concreti ma ha pure uno scopo preventivo, scuola e famiglia debbono affrontare il problema. Aggiunge Zoppi: «Noi adulti dobbiamo fare la nostra parte, riprendendoci il ruolo educativo e accompagnando i nostri ragazzi, perché se è vero che le ore di utilizzo dell'online sono aumentate esponenzialmente (il 73% dei giovani, chiusi in casa, passano anche dieci ore dinanzi al computer), paradossalmente c'è meno controllo».
Tra l'altro a pagare i danni (responsabilità civile) provocati dai figli minorenni a coetanei e professori sono i genitori e una recente sentenza del tribunale di Caltanissetta ha espressamente stabilito che «tra i doveri educativi dei genitori rientra anche quello di insegnare l'uso corretto delle tecnologie». di Carlo Valentini Twitter: @cavalent


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