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A scuola in Europa: l’abbandono scolastico

Di passi avanti in Europa ne sono stati fatti molti, ma la lotta perché i ragazzi non lascino gli studi non può essere dichiarata conclusa, in particolare dopo un anno di pandemia. In collaborazione con Lo Spiegono

Nel 2010, la riduzione dell’abbandono scolastico venne inserita dalla Commissione europea tra gli obiettivi della strategia Europa 2020. Nel corso degli ultimi dieci anni, l’Unione europea ha cercato di guidare gli Stati membri verso la soluzione del problema che affliggeva, in media, uno studente su sette.

Di passi avanti ne sono stati fatti molti, ma la lotta all’abbandono scolastico non può essere dichiarata conclusa, soprattutto se si considerano gli effetti della riorganizzazione della scuola, avvenuta nel corso dell’ultimo anno a causa della pandemia da Covid-19, sul rendimento degli alunni.

Cosa si intende per abbandono scolastico?

Quando si parla del fenomeno dell’abbandono scolastico ci si riferisce a giovani di età compresa tra 18 e 24 anni che hanno conseguito come ultimo titolo il diploma di scuola secondaria di primo grado, corrispondenti in Italia alle scuole medie. I motivi che portano un giovane studente ad abbandonare precocemente gli studi possono essere molti e di diversa natura: dai problemi economici, a quelli familiari, senza escludere quelli legati alla salute fisica e psicologica. Secondo la Commissione europea, la mancanza di competenze e qualifiche, che si ottengono con il diploma di scuola superiore, aumenterebbe il rischio di disoccupazione, esclusione sociale e povertà.

I dati europei

Nel 2009, la media europea di abbandoni scolastici era del 14%. Nel 2019, la percentuale è scesa fino al 10,2%, sfiorando così l’obiettivo del 10% posto dalla strategia Europa 2020. I Paesi con il numero più alto di abbandoni scolastici sono Spagna (17,3%), Malta (16,7%) e Romania (15,3%). Altri Stati membri non sono riusciti a rispettare l’obiettivo del 10%: Bulgaria (13,9%), Italia (13,5%), Ungheria (11,8%), Portogallo (10,6%) e Germania (10,3).

Le differenze tra i Paesi UE

Nonostante questi Paesi non abbiano raggiunto l’obiettivo prefissato dalle istituzioni europee, è innegabile che, almeno per la maggior parte di essi, i risultati ottenuti in un decennio sono più che soddisfacenti. Gli esempi più importanti sono la Spagna, che in dieci anni ha ridotto il numero degli abbandoni scolastici di 13 punti percentuali, ma soprattutto il Portogallo, che nel 2009 registrava più del 30% degli abbandoni nella fascia d’età indicata, mentre nel 2019 è arrivato a sfiorare il 10%.

Gli altri 19 Paesi dell’UE, invece, registrano tutti un tasso di abbandono scolastico inferiore al 10%. In Croazia, Lituania e Grecia il dato è addirittura sotto il 5%. In generale, nell’ultimo decennio, in tutta l’Unione europea si è verificato un trend in netto miglioramento, tranne che per alcuni casi come la Slovacchia (in cui si è passati dal 4,9% al 8,3%) e in Repubblica Ceca (dal 5% al 7%).

Chi abbandona la scuola?

Entrando più nel dettaglio, sono gli studenti (11,9%) più che le studentesse (8,4%) a lasciare più di frequente gli studi. Molto marcata è invece la differenza tra i giovani nati nel Paese in cui studiano (8,9%) e quelli che provengono da un Paese straniero (22,2%). Al contrario, non si notano differenze marcate tra centro e periferia: nelle città si registra, infatti, una percentuale di abbandoni scolastici pari al 9,1%, nelle periferie urbane del 11,2% e nelle aree rurali del 10,7%.

di Redazione @eunewsit 25 Marzo 2021

Di Gaia Cellante

(Approfondimento a cura de Lo Spiegone. Vai sul loro sito per leggere tutto il testo)


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